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Francesco Adorno
Parole chiave della filosofia

LA VERITÀ

Il nostro termine "verità" proviene dal latino veritas. Anche il termine greco alètheia viene tradotto con "verità". Si tratta realmente dello stesso concetto, espresso con due parole di origine diversa o dietro questa duplicità di forme c'è una differenza di significati?
Da qualche tempo mi vado occupando, anche etimologicamente, di queste cose. Quando vado a tradurre Platone trovo il termine "alètheia", che è il termine con cui gli antichi intendevano la verità. Andando poi al fondo a vedere la cosa, trovo tradotto "alètheia" con "veritas", cominciando da Cicerone e dai traduttori latini. Mi sono reso conto che, se Platone li avesse sentiti, si sarebbe arrabbiato moltissimo. Infatti, il nostro termine "veritas" non vuol dire affatto quello che era, per i greci, la verità.
Alètheia, senza voler fare nessun accenno ad Heidegger, viene da lanthano che vuol dire "coprire". Da lanthano proviene Lete, che è il fiume dell'oblio, il fiume che copre. Alètheia, con l'alfa privativo, è il contrario di ciò che si copre: è ciò che si scopre nel giudizio.
Nel nostro ambito latino, veritas è un termine che proviene dalla zona balcanica e dalla zona slava, e vuol dire tutt'altro che verità. Vuol dire, in origine, "fede"; fede nel significato più ampio della parola, tant'è vero che in russo, ad esempio, vara vuol dire fede. Tutti noi sappiamo benissimo che l'anello della fede si chiama anche la vera, proprio perché questa origine balcanica, slava è penetrata fino da noi: la vera è la fede.
Andando avanti nello studio, ci si rende conto che ci troviamo di fronte ad una doppia verità. In ciò che diceva Averroè, che parlava di "doppia verità", vi è una sottilissima visione storica e critico-filologica del significato di verità.
Qual è la doppia verità? Da un lato la verità di fatto è ciò in cui ho fede, per cui l'assumo come vera senza nessuna riflessione critica: questa è la nostra veritas.
L'altra verità è quella che Leibniz -altrettanto dotto- aveva chiamato la "verità di ragione", per la quale sufficit la ragione; la ragion sufficiente, distinta dalla verità di fatto.
Ecco le due verità: l'una è una fede, che è una cosa, e quindi dovrebbe entrare in tutto un altro ambito; l'altra è quella logica che scaturisce attraverso il saper pensare: si scopre la condizione che permette di definire la cosa e quindi questa diventa vera nel giudizio, nel logos, nel ragionamento che la viene determinando.

Tratto dall'intervista "Parole chiave della filosofia greca", Napoli, Biblioteca Marotta,  martedì 31 maggio 1998.
cfr: http://www.filosofia.it/pagine/siti_f.htm.



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